martedì 23 aprile 2013

RADICI


Ciao Maggie,
         il 29 Marzo è morto Enzo Jannacci. Mi piace la sua musica ma non sono un suo fan sfegatato. Lo ammiravo per gli stessi motivi per cui è stato elogiato con pagine e pagine sui quotidiani e con ampi servizi nei telegiornali. Non ne rifarò qui l’elogio “post mortem”. A lui mi legano due ricordi indelebili. Uno più antico ed uno più recente. Il più recente è il video che apre il post: la sua interpretazione struggente ed appassionata di “Via del campo” nel concerto/tributo a Fabrizio De André “Faber, amico fragile” tenutosi nel Marzo del 2000. Tra le tante interpretazioni veramente notevoli (Amore che vieni amore che vai/Battiato, Verranno a chiederti del nostro amore/Finardi, Hotel Supramonte/Vecchioni, Amico fragile/Vasco Rossi, Andrea/Massimo Bubola …), quella di Jannacci è sempre stata la mia preferita.
         Il secondo ricordo, più antico, è legato alla mia infanzia. A casa nostra, le canzonette non erano di gran moda. Direi che fino all’ascolto di Bruce mi nutrivo soprattutto di Classica. Però, con la vaghezza dei miei ricordi infantili, mi rimanevano in testa le parole e la melodia di un paio di canzoni dell’artista milanese: El portava i scarp del tennis, Faceva il palo… ed ho poi scoperto che nonna Mina e le sue figlie (tua nonna Giuseppina, zia Serafina e zia Rosi) le cantavano spesso e volentieri.
         Ora il vero perché di questo post su Jannacci è che da questo ricordo è partito per l’ennesima volta il desiderio di sapere di più sui miei, la loro infanzia e le loro origini, che sono ovviamente anche le mie e le tue, da parte di padre. Da parte di madre abbiamo molte documentazioni e un archivio Vivente che è la zia Sissi. Ma né io né le mie sorelle abbiamo mai “memorizzato” in qualche modo il nostro albero genealogico, almeno fin dove è possibile senza eccessivi sforzi.


La casa sul confine della sera
oscura e silenziosa se ne sta,
respiri un' aria limpida e leggera
e senti voci forse di altra età,
e senti voci forse di altra età...

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l'anima che hai,
se vuoi capire l'anima che hai...

Quanti tempi e quante vite sono scivolate via da te,
come il fiume che ti passa attorno,
tu che hai visto nascere e morire gli antenati miei,
lentamente, giorno dopo giorno
ed io, l'ultimo, ti chiedo se conosci in me
qualche segno, qualche traccia di ogni vita
o se solamente io ricerco in te
risposta ad ogni cosa non capita,
risposta ad ogni cosa non capita...

Ma è inutile cercare le parole,
la pietra antica non emette suono
o parla come il mondo e come il sole,
parole troppo grandi per un uomo,
parole troppo grandi per un uomo...

E te li senti dentro quei legami,
i riti antichi e i miti del passato
e te li senti dentro come mani,
ma non comprendi più il significato,
ma non comprendi più il significato...

Ma che senso esiste in ciò che è nato dentro ai muri tuoi,
tutto è morto e nessuno ha mai saputo
o solamente non ha senso chiedersi,
io più mi chiedo e meno ho conosciuto.
Ed io, l'ultimo, ti chiedo se così sarà
per un altro dopo che vorrà capire
e se l'altro dopo qui troverà
il solito silenzio senza fine,
il solito silenzio senza fine...

La casa è come un punto di memoria,
le tue radici danno la saggezza
e proprio questa è forse la risposta
e provi un grande senso di dolcezza,
e provi un grande senso di dolcezza...

Guccini - Radici

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