martedì 24 aprile 2012

LISERGICA




Ciao Maggie,
Dal mazzo delle “audienda”, pesco I Pink Floyd.
Ti accorgerai che il 99% della musica che ti proporrò in questa sezione risale ad almeno 20 anni fa, o quantomeno ad artisti che hanno dato il loro meglio prima di allora. Ho il terrore che tra qualche anno ti sentirò ascoltare, che so, "lady gaga" o qualcos'altro dell'immondezzaio musicale che ci circonda, senza fare nomi perché ce ne sarebbero troppi...
Qui siamo a livelli altissimi. Nelle scale del “megalomane” atrio del seminario di Venegono, mi immaginavo un mare di casse ben disposte, per ascoltare “Delicate sound of thunder”, seduto sulla poltrona più comoda che si potesse trovare in religioso ascolto, ad un volume adeguato. Questo sogno l’ho poi ripetuto in svariate altre “location”. Non so, è una musica che mi ispira grandi spazi, alta definizione e un ascolto “estasiato”: “lisergico” appunto.
Ho scelto On the turning away e non, per esempio, Comfortably numb, perché recentemente mi è tornata in mente la bellezza del testo, che accompagna la musica ipnotica.
Lasciando da parte la qualità dei musicisti, i testi dei Pink Floyd non sono mai banali, spesso sono ermetici e di difficile lettura; questo è uno dei più "semplici": "Niente più voltar le spalle a chi è debole e sfinito. Niente più voltar le spalle al gelo che c'è dentro. Solo un mondo che tutti quanti dobbiamo condividere. Non basta restare fermi e guardare. È solo un sogno che si possa in futuro non voltare più le spalle?".
Una valore che non ti potrò insegnare solo a parole (anche se una canzone può aiutare) ma solo con i gesti quotidiani della vita.

On the turning away
From the pale and downtrodden
And the words they say
Which we won't understand
"Don't accept that what's happening
Is just a case of others' suffering
Or you'll find that you're joining in
The turning away"
It's a sin that somehow
Light is changing to shadow
And casting it's shroud
Over all we have known
Unaware how the ranks have grown
Driven on by a heart of stone
We could find that we're all alone
In the dream of the proud
On the wings of the night
As the daytime is stirring
Where the speechless unite
In a silent accord
Using words you will find are strange
And mesmerized as they light the flame
Feel the new wind of change
On the wings of the night
No more turning away
From the weak and the weary
No more turning away
From the coldness inside
Just a world that we all must share
It's not enough just to stand and stare
Is it only a dream that there'll be
No more turning away?

Sul voltare le spalle
A chi è pallido e oppresso
Ed alle parole che essi dicono
Che non capiremo
"Non accettate che ciò che sta accadendo
sia una sofferenza solo altrui
o vi ritroverete uniti a chi
volta le spalle"
E' un peccato che in una qualche maniera
La luce si stia tramutando in ombra
E gettando il proprio velo
Su tutto quel che abbiamo saputo
Ignari di come i ranghi siano cresciuti
Portati avanti da un cuore di pietra
Potremmo scoprirci tutti soli
In un sogno d'orgoglio
Sulle ali della notte
Mentre il giorno si risveglia
Laddove un popolo muto
Unito in un tacito accordo
Usando parole che troverete insolite
E ipnotizzato mentre accendono la fiamma
Sentite il vento nuovo del cambiamento
Sulle ali della notte
Niente più voltar le spalle
A chi è debole e sfinito
Niente più voltar le spalle
Al gelo che c'è dentro
Solo un mondo che tutti quanti dobbiamo condividere
Non basta restare fermi e guardare
È solo un sogno che si possa in futuro
Non voltare più le spalle?

Oi ndemo veder i Pin Floi....
(Pitura Freska)

martedì 17 aprile 2012

E LA COPPA DOV'E'



Ciao Maggie,
                dopo Giovedì sera (12/04/2012) non ho più dubbi. C’era “la bandiera adorna di stelle”,  ma ne riparleremo. C’era un caffè all’ex bar Zirilli di Vico Equense, ma ne riparleremo. Dopo ieri sera per questa settimana ci sono solo due colori: biancoblù!
                Ne ho viste abbastanza di partite di basket. Compatibilmente con i miei studi (all’estero, nel varesotto), con la mia precedente “professione” (tra varesotto e milanese…ma si può!), quando potevo la domenica ero al Pianella. C’ero, ad esempio, nella finale scudetto contro la Sinudyne (esaltante), c’ero nel 2006 quando Biella ha fatto un incredibile recupero (deprimente).
                Tuttavia la partita di Giovedì è stato qualcosa in più: 45 minuti di sport ad altissimo livello, di agonismo, di vero e proprio eroismo e, fortunatamente (meritatamente), al 45° minuto Cantù era avanti di uno!
                Tieni conto che, alla fine della partita avrei dato qualsiasi cosa per poterli abbracciare ad uno ad uno. Momenti irripetibili. E’ sempre sport, per carità, ma valeva davvero la pena esserci. A volte, soprattutto quando – come in questo – caso sono quasi certo della sconfitta, mi domando, ma perché devi “soffrire” così, è una partita di basket… ma, no Maggie, “purtroppo” io non sono uno sportivo, sono un tifoso e ,pur avendoci provato, non posso vivere certe cose con distacco, godo come un pazzo quando si vince e mi incupisco quando si perde. Non posso neanche lontanamente immaginarti tifosa di Varese, di Milano o - horribile dictu! - alla Juve. Mi raccomando!
               
Noi siamo i Biancoblù, noi siamo i Biancoblù,
Varese odiamo, Cantù noi amiamo,
noi siamo i Biancoblù!

martedì 10 aprile 2012

PAROLE, FERITE E GOMMA DA CANCELLARE




PAROLE
Solo in seguito
mi accorgo
quanto
le mie parole
feriscano involontariamente
le persone.

E allora
di corsa
mi addentro nel cuore
di queste persone
e mentre chiedo scusa,
con la gomma da cancellare
e con la matita
emendo le mie parole.

Toyo Shibata


Ciao Maggie,
un giorno, qualche settimana fa, è arrivato in libreria un volumetto che mi ha incuriosito per la storia dell’autrice. Una centenaria giapponese che ha cominciato novantenne a scrivere poesie. Ho letto la biografia poi l’ho messo a scaffale (come ti ho già detto il meno  “frequentato” della libreria). Qualche giorno dopo hanno cominciato a chiedercelo e ho pensato di dare un’occhiata alle poesie.  Devo dire che nella loro semplicità, molte non mi sono dispiaciute ed una l’ho usata per gli auguri pasquali.
Quella che ti propongo mi ha colpito molto. E’ un tema che mi sta particolarmente a cuore e te ne ho già parlato: l’uso della parola.
Noi comunichiamo quello che “sentiamo”, quello che “proviamo”, le nostre “idee”, sulla realtà, sulle persone attraverso il mezzo della parola. E’ uno strumento bellissimo e difficile, ricchissimo e ambiguo. Pur nella loro profondità e varietà le parole non possono esaurire o definire in maniera completa quello che il pensiero crea. Ad esempio, io ho ben chiaro in mente il concetto che vorrei esprimere, ma soggettivamente non riesco (per povertà di termini, perché mentre scrivo sono distratto o stanco…) ad esprimerlo in maniera adeguata e oggettivamente quello che scrivo può comunque essere compreso da chi legge in maniera diversa da quello che io vorrei o addirittura non compreso affatto. Allora può succedere, anzi succede spesso che la parola diventi anche “arma” di offesa.
Come sottolinea la prima parte della poesia (“involontariamente”),  non sto parlando dell’offesa gratuita, diretta e consapevole, spesso fatta alle spalle…quello è un discorso a parte e un’azione sempre meschina.  A volte l’ambiguità della parola, l’uso inappropriato di essa, genera incomprensioni o addirittura “ferite”, delle quali magari ci si accorge “solo in seguito”.
La seconda parte è bellissima ma il più delle volte di non facile riuscita. Sia perché non è semplice prendere la gomma per cancellare e chiedere scusa, sia perché bisogna che l’altro sia disposto a farci entrare nel suo cuore e accettare l’operazione di pulizia.
Comunque mi piaceva l’idea e come questa poesia la esprima.
Mi raccomando, Maggie, occhio alle parole!

martedì 3 aprile 2012

DALL'INIZIO



Ave Verum Corpus natum de Maria Virgine
Vere passum, immolatum in cruce pro homine,
Cuius latus perforatum unda fluxit et sanguine,
Esto nobis praegustatum in mortis examine

Ave, o vero corpo,  nato da Maria Vergine,
 che veramente patì e fu immolato  sulla croce per l'uomo,
 dal cui fianco squarciato  sgorgarono acqua e sangue:
fa' che noi possiamo gustarti  nella prova suprema della morte.


Ciao Maggie,
oggi è un giorno importante quindi anche il post è un po’ speciale. Esattamente un anno fa sei stata battezzata. E questo anniversario capita proprio nel Martedì della Settimana Santa o, meglio, della Settimana Autentica.
Ti ho già detto che la Quaresima per me è un periodo speciale e il Triduo lo è ancora di più. Il cuore della nostra Fede. Non è facile essere credenti oggi, tantomeno cattolici (alla faccia dello stato soggiogato al Vaticano!). Ogni giorno su internet, nei cosiddetti “social network”, mi imbatto sempre più di frequente in commenti, video, vignette e quant’altro che offendono, ridicolizzano, falsano, banalizzano, l’essere credente e l’essere cattolico in particolare. Senza contare i sempre più numerosi volumi che sugli scaffali della nostra pur modesta libreria trattano l’argomento fede nel migliore dei casi come una vecchia superstizione da creduloni da estirpare per il bene e il progresso dell’umanità e il Vaticano come il covo di ogni malvagità, ipocrisia e falsità. Spesso rivelano un’ignoranza, una astio che ha dell’incredibile.
Credere in maniera seria, “ragionata” (non seguire una superstizione o un generico «ci sarà pure qualche cosa»), è un impegno costante di ricerca, dubbio, approfondimento; è saper essere all’altezza di un mondo “razionalistico” (non “razionale”) che vuole negare ogni sopra-naturale. Essere cattolici, poi vuol dire entrare nel cuore di un messaggio così spesso svilito, offeso, travisato all’interno della stessa Chiesa. E non rimanerne ai margini o agli aspetti secondari di esso. Viviamo poi in un periodo, a mio parere, certamente migliore di altri della storia ecclesiale, ma povero di figure realmente “grandi” o in cui queste sono messe ai margini. I difetti - e ce ne sono - vengono naturalmente amplificati da un informazione sempre più “drogata” da scandali e sensazionalismi.
Quando e se leggerai queste righe o comunque quando potremo parlare di queste cose in maniera “adulta”, spero che tante cose siano cambiate (in meglio) nella comunità cristiana, che la trasmissione del messaggio di Gesù sia più limpida e fedele. Sappi che non ti forzerò mai in scelte che riguardano la Fede, ma mi auguro che tu possa conoscere, entrare, vivere la profondità del messaggio cristiano prima di eventualmente rifiutarlo o di scegliere qualcosa d’altro.
E il cuore è qui in questi tre giorni che stanno per arrivare: la vita è fatta per essere spesa per Amore. Non c’è niente di più importante, di più decisivo, non c’è realtà che possa dare più senso alla vita della bellezza di “volere bene”, meglio del “volere il bene” degli altri. Dio fatto uomo ce l’ha dimostrato e così ha vinto la morte e ci ha donato i Sacramenti perché con questo aiuto (Grazia) anche noi possiamo essere capaci di un amore “sino alla fine”. Perché a parole può anche essere semplice dire di voler bene così, ma nei fatti, nella vita quotidiana non lo è affatto.
Per me non è stato ovvio donarti il Battesimo e con esso la Fede. Ma la teoria, che pure ha un suo valore, secondo cui è meglio non “imporre” e poi lasciar scegliere ha dei grossi limiti, perché chiunque, a qualunque fede appartenga, qualunque visione abbia della vita, “impone”, con la sua vita, con le sue parole, con le sue scelte tale visione ai propri figli. E il figlio, battezzato o no, con la sua testa, con le sue idee, con le vicende e gli incontri che attraverseranno il suo percorso di crescita seguirà o non farà sua questa strada.
Per oggi basta. Sono naturalmente idee sulle quali torneremo.
La bellezza del messaggio cristiano ha permesso ad un genio qual era W. A. Mozart (senza voler disquisire sulla profondità della sua fede o sulla moralità della sua breve vita) di comporre la musica dell’Ave verum che apre queste righe. Le concludo con le parole sul Battesimo di una di quelle persone che ho avuto la fortuna di incontrare sul mio cammino e per le quali mi trovo a dire: “se lui ci crede non è poi così stupido credere”.


L’INIZIO FONDANTE
Il segno evidente della benedizione di Dio sulla vita che nasce
Noi credenti, nel segno del Battesimo, tracciamo sui nostri bambini — come già fu tracciato su di noi — il segno della croce del Signore Gesù. Li immergiamo nell’acqua, e pronunciamo su di loro le parole della liberazione dal male. Noi stessi fummo in questo modo affidati al grembo della Chiesa di Dio: la quale si rende evidente nella presenza delle persone che circondano l’altare, promessa di una cura e di una responsabilità sulla quale ogni piccola vita può contare per tutto il resto dei suoi giorni. Noi promettiamo infatti di insegnarle chi è il Signore: e quale gioia riserva la vita vissuta all’ombra della sua mano. Noi cercheremo di persuadere i nostri piccoli figli che non c’è bisogno di alcuna parola ‘magica’ per avere la benedizione di Dio sulla propria vita. Noi li faremo entrare nello spazio di quella solida confidenza con Dio che il Signore Gesù ci ha donato: quella che ci consente di ‘osare’ l’audacia di una preghiera che incomincia con ‘Padre nostro’ e termina con ‘liberaci dal male’.
Dunque nessun rito magico destinato a ‘ripulire una cosa ‘sporca’. Nessun segno indecifrabile della indecifrabile volontà di Dio. «Ecco: è stato segnato da Dio» si diceva nella cultura antica, anche a proposito di nascite difficili o di ferite permanenti. «Ecco: è stato segnato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» si dice nella fede cristiana, per dire che Dio lo riconosce come proprio figlio comunque: e guai a chi glielo tocca («meglio sarebbe per lui che si legasse una macina al collo e si gettasse nel lago»).
Siamo stati segnati sin dall’inizio con il segno evidente della benedizione di Dio, perché noi e tutti impariamo sempre di nuovo che Dio è così: una benedizione. Poiché coloro che qui accolgono questo bambino, a cominciare dai suoi genitori, credono fermamente che Dio è così e non altrimenti. E hanno piacere di manifestarlo con le parole e con i segni del lavacro e dell’unzione. Essi dicono, mostrando alla Chiesa il loro bambino: «a tal punto noi crediamo che Dio è così, che alla sua benedizione, sin da ora, senza alcun timore lo affidiamo. Qualunque cosa voglia fare questo bimbo della sua vita, non avrà mai alcun motivo per dispiacersi di essere nato sotto un brutto segno: perché anche il nostro amore per lui è nato sotto lo stesso segno. Il Signore è l’unico dal quale siamo sicuri che non gli verrà mai alcun male. Ad altre persone forse, così piccolo e indifeso, non lo daremmo volentieri. Ma al Signore, perché lo segni con la sua benedizione lo presentiamo anche subito. Perché tutti sappiano bene che la tenerezza di Dio è, per noi, incondizionatamente affidabile».

(da “Ma che cos’è questo per tanta gente?” di Mons. Pierangelo Sequeri)