martedì 16 ottobre 2012

“DE SEXTO” SEMPRE MATERIA GRAVE!



…in rebus venereis non datur parvitas materiae.
Resp. S. Officii, Alexandre VII, 11 febbraio 1661
Denzinger-Schönmetzer, Enchiridion Symbolorum


Ciao Maggie,
         di pensiero in pensiero, questa settimana lo spunto iniziale mi ha portato molto lontano. Uno spezzone di “Decalogo” di Kieślowski mi ha fatto venire in mente quando avevo visto per la prima volta quei capolavori e da li sono andato a finire … alla morale!
         Il film l’ho visto durante la teologia a Venegono. Quando sono entrato in seminario nel 1984 (non 100 anni fa) c’era un “regolamento” che vietava di frequentare, durante i periodi di vacanza, locali pubblici come i cinema (quindi dovevi vedere i film che decidevano i superiori), ma anche i bar, le piscine (guai!)… C’era addirittura un’ora settimanale di spiegazione del suddetto regolamento, ma su questo paragrafo si cominciava a glissare. Effettivamente aveva un che di ridicolo, no?
         Ma in alcuni regolamenti di alcuni anni prima, tra le tante norme, si diceva addirittura che bisognava mettersi sotto le coperte con ancora indosso la veste talare e toglierla con cura evitando rigorosamente di sfiorare le parti intime… Quale formazione mentale, quale elucubrazione logica doveva avere chi ha steso quelle regole? Ci sarebbe a questo punto una lunga parentesi da aprire su come nel campo “Morale” abbia avuto una parte preponderante nei secoli - anche per responsabilità “pastorali” - il campo della materia sessuale, quasi fosse il principale campo delle regole da seguire e dei comportamenti da evitare e tutto in quell’ambito fosse peccato grave; su come ci è stato tramandato, per esempio, il sesto comandamento, rispetto all’originale dell’Antico Testamento, sul perché ancora oggi si abbia l’idea che per la Chiesa tutto in questa materia sia un po’ sporco, proibito, peccaminoso…ma per ora sorvoliamo e ritorniamo al “Regolamento”.
         Erano quindi Regole: più o meno logiche, più o meno rigide, ma Regole che riflettevano lo spirito del tempo e che andavano rispettate. Oggi i seminaristi se la riderebbero alla grande delle nostre come noi ce la ridevamo di quelle passate.
         Tutto questo, però mi ha portato a riflettere su un’altra questione più grande e importante: il fatto che anche noi (la mamma ed io), dovremo darti delle regole, dovremo “insegnarti” una morale… Lo faremo necessariamente, direi inevitabilmente, anche se non ne fossimo consapevoli, anche se non volessimo farlo, perché da quello che diremo, faremo, da come commenteremo un fatto, una notizia, in buona parte ti farai un idea di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato di ciò che va bene e di ciò che va male.
         È una grande responsabilità, in parte mitigata dal fatto che il primato sarà sempre della tua coscienza e della tua libertà personale e che starà poi a te continuare la formazione di questa coscienza e di questa libertà. Perché una coscienza non “formata” non riesce a discernere ciò che è bene e ciò che e male e una libertà che non aderisce alla Verità rischia di smarrire la strada e di fallire il bersaglio (peccato).
         Libertà e Coscienza sono parole che vanno ancora “di moda”. Molto meno, anzi per niente, formazione, peccato e tantomeno Verità! Ora, un’altra digressione che andrebbe fatta è sul complesso rapporto tra Legge e Libertà, tra imposizione “dall’alto” e scelta consapevole. Quanti spunti dalla visione di un semplice spezzone di film, di cui, tra l’altro, non ho parlato!
         Voglio solo, per concludere questo abbozzo di riflessione, dirti la mia idiosincrasia verso il “va tutto bene” o “va bene quello che mi fa stare bene”… Concetti che oggi sono molto in voga, non solo nella teoria, ma soprattutto nella pratica. Proprio qualche giorno fa riascoltavo una trasmissione radiofonica sulla famiglia e una sociologa “di fama” (ho poi letto il curriculum: è addirittura professore di ricerca presso il Wissenschaftszentrum für Sozialforschung di Berlino) tale Chiara Saraceno ha detto: “…già dare giudizi di positivo e negativo vuol dire partire da un’idea un po’ preconcetta di come dovrebbe essere il mondo…”. Sono sobbalzato sul sedile. Non si possono più dare giudizi di positivo e negativo?!? Ma poco dopo ha rincarato la dose: “…se davvero le relazioni familiari sono importanti, non solo dal punto di vista sociale ma personale, ma, le relazioni famigliari intanto non sono solo le relazioni di coppia (risata), il famoso «reticolo» di genitori, zii, nonni, ecc. ecc. dove è del tutto irrilevante che ci sia stato un matrimonio e che si sia eterosessuali piuttosto che omosessuali…” Eh!!! Del tutto irrilevante? Passi il contesto colloquiale, passi questo ormai di moda elogiare e osannare a prescindere tutto ciò che è “diverso” dal “tradizionale”, ma una “sociologa” può affermare una cosa del genere? Passi anche l’uso del linguaggio iperbolico… Ma né lei, né qualsiasi omosessuale, eterosessuale, zio, nonno ecc. ecc. ci sarebbero, esprimerebbero le loro alte opinioni e potrebbero fare alcunché se non ci fosse all’inizio una coppia di un uomo e una donna!

Se c'è qualcosa di peggio dell'odierno indebolirsi dei grandi principi morali, è l'odierno irrigidirsi dei piccoli principi morali.
Gilbert Keith Chesterton, Tremendous Trifles, 1909

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