martedì 13 agosto 2013

KOINÈ DELL’IMBECILLITÁ


Ciao Maggie.
         Non sono ancora riuscito a mettere file audio nei post (chissà se mai ci riuscirò). Così ti trascrivo il testo di una riflessione di Philippe Daverio fatta durante una trasmissione della Radio Svizzera. È sempre un piacere per me ascoltare questi personaggi, la loro cultura, la loro proprietà di linguaggio e nello stesso tempo la capacità di farsi comprendere e di non parlare solo agli addetti ai lavori. Alla domanda se l’inglese (inteso come lingua) fosse per l’Europa un elemento di coesione culturale ha risposto: «Be’, è un misto tra la coesione culturale e in un qualche modo l’imperium di una lingua sola, leggermente trasformata in una koinè dell’imbecillità. Perché quando dicevamo di Casanova che parlava 5 lingue, parlava  veramente 5 lingue. Oggi quelli che parlano quell’inglese lì, parlano male una specie di roba che ha 500 parole. Quella roba di 500 parole non fa la mente. L’uomo che sa 500 parole è destinato ad essere dominato. Chi vuole essere protagonista deve saperne 3000 almeno e allora 3000 si possono sapere anche su tre lingue. Quindi io non credo ad un inglese come lingua unica anche se la tendenza sarà in quella direzione lì, ma credo che un europeo vero debba sapere almeno tre lingue: una lingua da koinè, che può benissimo essere l’inglese, perché no (perché l’inglese quando è bello è bello ma quando è proprio modesto è fetido)? Ma che ne sappia almeno altre due. Se uno sa più di una lingua ha un cervello che funziona con punti di vista differenti cioè ha una trigonometria del pensiero che gli permetterà di essere più sveglio di un altro».
         Mi trova d’accordo su tutta la linea. Sulla “povertà” della lingua inglese, del suo vocabolario e della sua grammatica. Sulla necessità comunque di saperla almeno come l’italiano per chi vuole avere un futuro. Sull’utilità di conoscere perlomeno un’altra lingua ed in generale sull’equazione vocaboli “posseduti” = capacità di sapersela cavare nella vita. Ricordo che quando Grillo mi piaceva e faceva ancora solo il comico aveva nel repertorio una efficace battuta sui mafiosi che sparano facilmente perché ad un certo punto non sanno più, appunto, che parole usare per “spiegare” le cose. Ritengo, salvo eccezioni, che la violenza sia quasi sempre frutto dell’ignoranza.
         Mi risuonano nella testa due obiezioni. La prima: ma come il tuo cantante preferito, che continui a definire poeta, canta in Inglese! Anzi in uno slang americano che spesso è addirittura al limite della comprensione. Ma proprio di un fuoriclasse stiamo parlando che anche nella povertà della lingua ha saputo tirare fuori capolavori.
         La seconda: ma i mafiosi per molti sono persone che hanno fatto qualcosa nella vita e se vogliamo fare un nome a caso, che so Cassano, forse conoscerà 100 vocaboli (sono un ottimista) ma è uno “di successo”. A questa obiezione non ho armi per controbattere. Ognuno ha il suo criterio di “riuscita” e di “successo”. Ed io ho le idee abbastanza chiare su ciò vorrei che fosse il tuo percorso, anche se ogni tanto, scherzando, ti dico che se vorrai avere un futuro in questo paese dovrai essere “velina” o sposare uno ricco…

Nessun commento:

Posta un commento