martedì 29 gennaio 2013

"IO CHIEDO QUANDO SARÀ CHE L’UOMO…"




Ciao Maggie.

         Il 27 gennaio del 1945 fu abbattuto il cancello del campo di sterminio di Aushwitz e da qualche anno in questo giorno di gennaio si celebra il Giorno della Memoria.

         Non è senz’altro una mia dote quella di avere una memoria di ferro ma i ricordi delle mie visite a Mauthausen e Aushwitz sono ancora vividi nella mia mente. Soprattutto mi colpisce ancora oggi ripensare alla località austriaca, forse perché era la prima volta in un Campo di concentramento. Durante una vacanza spensierata lungo il Danubio fino a Vienna, con alcuni giovani di Vergiate, ho la chiara memoria dell’improvviso e quasi surreale cessare di risate e chiacchiere dall’ingresso del campo fino molto tempo dopo la fine della visita. Ed alcuni particolari che, ripeto, ancora oggi mi stupiscono per quanto sono vividi: la scala della morte, la stanza in cui alcune “categorie” di persone, secondo la logica perversa dei nazisti, venivano immediatamente eliminate con un colpo di pistola alla nuca, prima ancora di diventare “forza lavoro”. Ma anche come, a pochi chilometri di distanza, si facesse fatica ad avere indicazioni precise sul campo, quasi che gli abitanti del posto volessero “rimuovere” questo luogo di male assoluto; oppure una parte della lunga conversazione con il Priore dell’abbazia di Melk quella stessa sera. Era un ragazzo all’epoca della “soluzione finale” ma ci ricordava che la propaganda nazista, usando “sapientemente” i pochi mezzi a disposizione, indottrinava gli animi delle persone e le convinceva che quella fosse l’unica strada, nascondendo, a suo dire, i crimini peggiori.


         Ecco Maggie, potrei scrivere molto altro su questo argomento, che approfondirai sicuramente negli studi o per interesse personale, senza dimenticare che genocidi ce n’erano stati prima, ce ne sono stati altri in quel periodo e ancora ce ne sono al giorno d’oggi.

         Com’è possibile che l’uomo arrivi a un tale punto di atrocità e giustificandolo quasi fosse “l’uovo di Colombo”, come dice Hitler nel Mein Kampf? Nella Germania Nazista ma anche, con diverse forme di crudeltà e numero di vittime, nei gulag staliniani, nella Cambogia di Pol Pot, nel Ruanda, nell’ex Jugoslavia… Com’è possibile che a pagare siano soprattutto persone innocenti e inermi? Ma in generale com’è possibile che un uomo sopprima la vita di un altro uomo ? E com’è stato possibile quello che viene chiamato nel caso di Hitler l’”enigma del consenso”? Cioè che popolazioni intere subiscano un influsso tale da arrivare ad esiti così drammatici da parte di persone magari anche mediocri e all’apparenza insignificanti? Come vedi tanti sono gli interrogativi che riguardano, anche l’uomo di oggi, direi di sempre.

         Concludo unendo a queste righe di riflessione, uno dei miei “consigli” sui libri da leggere. Anche questo piccolo volumetto si trova nello scaffale dei migliori: “Destinatario sconosciuto”. Me l’ha consigliato il mio amico don Adelio che sui libri ci prende sempre. È un piccolo gioiello in forma epistolare che stupisce per la forza e la drammaticità, fino all’epilogo che lascia senza parole. Soprattutto colpisce il fatto che sia stato pubblicato nel 1939! Il peggio doveva ancora venire… Uno dei protagonisti si trasforma da fervente liberale e amico fraterno di un ebreo, a fanatico hitleriano fino a rinnegare il suo legame e a lasciar uccidere la sorella del suo miglior amico. Si legge in mezz’ora ma lascia il segno.  


“…La razza ebraica è un problema scottante per ogni nazione che la ospiti. Io non ho mai odiato un ebreo in particolare; ti ho sempre considerato un amico, ma tu sai che parlo in tutta sincerità quando dico che ti ho voluto bene non perché eri ebreo, ma nonostante tu lo fossi. L’ebreo è il capro espiatorio universale. Se è così un motivo ci sarà…

…Ma no. Mentre scrivo sono certo che tu non capirai il mio entusiasmo. Tu vedrai soltanto che la gente sta patendo. Non puoi capire che per salvarne milioni, alcuni devono soffrire…

…Svegliati: il chirurgo che asporta un cancro dà forse prova di questo sentimentalismo dolciastro? Taglia nel vivo, senza provare emozioni. Siamo crudeli, certo che lo siamo. Il parto è un atto brutale: e anche la rinascita tedesca lo è. Cosa vuoi saperne tu, che te ne stai lì seduto a sognare..”

da Destinatario sconosciuto, Katherine Kressmann Taylor.


P.S. Inutile sottolineare come molti anni prima di giornate della memoria, percorsi scolastici ed altro, Guccini avesse scritto una bellissima canzone sul tema, “Auschwitz, canzone del bambino nel vento”, da cui ho preso il titolo.

martedì 22 gennaio 2013

NELLO ZAINO





Sono una ragazza giovane, ho trovato un tuo libro a casa della zia, tutta casa e Chiesa, incuriosita ho letto qualche pagina che ha suscitato in me prima una reazione stizzita, poi curiosità. Parli di Dio, di fede, di certezze. Io ho vent’anni, credo in Dio ma non in quello raccontato dai preti. Mi rendo conto, però, che questo mio approccio non mi da nulla, mi sazia solo la mente e non il cuore. Cosa vuole dire credere? Come si fa a credere? (Laura, Torino)

Ciao Laura, sono contento del tenore della tua lettera. Vorrei, prima di entrare nel merito specifico della fede, riflettere con te su alcuni atteggiamenti che ritengo necessari per parlare di Dio. Cioè: prima di scalare la montagna, vale la pena di verificare l’equipaggiamento, al fine di non fare gli sprovveduti e farsi del male! Cercherò, allora, di riflettere con te su come decidiamo di affrontare l’itinerario. Sarebbe oltremodo sconveniente salire sul Gran Paradiso in calzoncini corti e t-shirt …
Parto da una considerazione: cosa portiamo nello zaino quando cerchiamo la fede? Cosa hai dentro? Cosa ci hai messo? Ciascuno di noi arriva a porsi il problema della fede con un carico non indifferente di nozioni, di esperienze (belle o brutte che siano), di incontri. Così, per te, giovane, sicuramente ha pesato il tuo vissuto da bambina: il catechismo, le catechiste, il parroco e il vice, il modo che i tuoi hanno avuto di presentarti la fede e così via. Un insieme di esperienze che non possiamo ignorare, un insieme di cose che possono rendere il carico dello zaino troppo pesante e, perciò, bloccare la tua ascensione. Così come hai dovuto, nella tua tumultuosa adolescenza, passare dall’infanzia all’età adulta rinnegando il tuo passato e riscoprendo i valori che ti erano stati trasmessi, accade per la fede. Solo che per l’affetto, la tua identità, il rapporto con i tuoi, il valore dell’istruzione, sei stata come costretta a fare il salto, obbligata, talvolta con ribellione e sofferenza, a “imparare” ad avere idee tue, a motivarle, a viverle. Con la fede è stato così? Mi succede spesso, troppo spesso, di incontrare adulti che non hanno veramente purificato la loro fede, non l’hanno cresciuta. È curioso e inquietante vedere adulti che accalorandosi su temi di fede, non fanno di meglio che riportare quattro nozioni imparate alle elementari! Eppure è la realtà: il momento stesso in cui ti è chiesto di diventare adulto nella fede (quel bistrattato Sacramento della Cresima), cioè di smettere di essere bambino, di tirarti su le braghe da solo, diventa per molti occasione di abbandonare la fede. Sarò schietto: non sopporto che un diciottenne mi esca fuori con l’affermazione: “sono agnostico, sono ateo”. Molto spesso dietro questa affermazione non c’è nulla, c’è il vento, la pigrizia, il conformismo. Ateo a diciotto anni? Ci sciacquiamo la bocca con questa spaventosa affermazione, cancellando, nella nostra supponenza, secoli di riflessioni fatte da uomini che hanno cercato (con dolore ed onestà) il senso ultimo delle cose. Che vuoi: fa “moda”, fa “giovane” liquidare il tema di Dio con due battute, senza porsi realmente il problema della sua Presenza. In reazione ad una fede fatta solo di apparenza e di tradizione, molti giovani ritengono che il Vangelo non abbia più nulla da dire o, al massimo, che il Vangelo dica cose molto diverse da quelle dette dalla Chiesa. Dove voglio parare? Semplice: con quale atteggiamento parti? Cosa porti nello zaino? Rifletti su queste due domande, con onestà. Forse si tratta di svuotare lo zaino da tutta una serie di cose inutili: idee preconcette, sensazioni (che so, quell’incontro antipatico con gli uomini di fede, ad esempio), fantasmi. Svuota, svuotati. Se parti alla ricerca di Dio bisogna anzitutto liberarsi dalle idee che ti sei fatta di Lui, per quanto care ti siano. Un grande studioso delle religioni, Max Weber, sosteneva che il nostro mondo ha allontanato Dio per prostrarsi a molti idoli che riempiono la vita: la carriera, l’immagine di sé, il potere… Per cercare Dio sul serio bisogna anzitutto avere il coraggio del deserto, del rischio, della spogliazione. Inoltre, e questo è altrettanto importante, forse occorre vedere nel tuo cuore con quali certezze parti. In montagna, lo sai, è estremamente pericolosa la presunzione. Le buone vecchie guide, quelle vere hanno sempre avuto paura della montagna, l’hanno rispettata e amata. Occorre allora, avere il coraggio dell’umiltà e dell’ascolto. Credo che per credere occorra prima guardare l’atteggiamento di base, il sentimento con cui affrontiamo questo che è uno dei temi essenziali della fede. Non chiederti, allora, “come si trova la fede?”, chiediti come tu vuoi affrontare questa ricerca: da assetata o da turista?

Ciao Maggie,
         Facebook è, allo stato attuale, un’arma a doppio taglio. Mi diverte, mi aiuta a mantenere vivi più facilmente i legami con alcuni amici e, a volte, può essere il veicolo di messaggi importanti. Il suo utilizzo però racchiude anche molte ambiguità: il problema della privacy per esempio o il fatto che ti ritrovi troppe volte la bacheca piena di inutilità, stupidaggini o a volte volgarità. Sono stato più volte sul punto di eliminare il profilo. Alcuni “amici” lo hanno già fatto, lo stanno facendo, oppure sono ancora su FB ma praticamente non lo usano. Altri, fortunatamente ma purtroppo raramente, lo usano per veicolare notizie, fatti, commenti che spiccano dal “mare magnum” della rete. Uno di questi è Matteo, un amico di Marcallo, che pochi giorni fa ha postato lo scritto riportato sopra, preso dal sito www.paolocurtaz.it.    Ho evidenziato i passaggi che mi sembrano più interessanti. Alcune frasi ricalcano quasi alla lettera le parole che anch’io ho usato in circostanze analoghe, cioè di fronte al rifiuto di una fede che in realtà non si è mai conosciuta per quello che è, di fronte all’ignoranza totale dell’essenza del messaggio Cristiano o alla sua conoscenza attraverso “caricature” della vera fede. A volte si pensa di potersi definire ancora cristiani da adulti, con la formazione e l’esperienza di un adulto ma con la conoscenza e l’approfondimento della Fede completamente ferma dalla Prima media. È assurdo! Oppure si rifiuta, addirittura si disprezza una fede che si è conosciuta solo attraverso espressioni bigotte, tradizionaliste, parziali, addirittura false, senza fare lo sforzo di capire qual è il cuore del vero messaggio di Gesù Cristo.
         Questo, a dire il vero, non è solo un difetto di giovani sprovveduti. Anche i vari “luminari” che definirei “crociati” dell’ateismo (Odifreddi, Hack, Dawkins…) spesso si dimostrano estremamente competenti e gradevoli nei loro campi di sapere (matematica, astrofisica, divulgazione scientifica…) ma “ignoranti” e “faciloni” quando parlano della fede cristiana e delle fedi in generale, quindi spesso faziosi e inutilmente astiosi.
         Io sono e sarò il primo a non volere per te una Fede immatura, credulona, bigotta, superficiale, clericale, da sacrestia, abitudinaria, “fondamentalista” e chi più ne ha più ne metta. Ma , appunto, questa NON È FEDE; può essere quello che molti vivono e insegnano ma non quello che ha insegnato Gesù Cristo che è quello che conta.
         Non voglio che per te la fede sia solo il rifugio nei momenti “disperati”, una serie di precetti da fare o di azioni da evitare, ma ciò che dà pienezza e compimento a quella ricerca di senso che ognuno ha in sé.
         Per questo concludo dicendoti che la chiave di lettura più importante dello spunto da cui sono partito sta nella lettera della ragazza in cui ricorre in poche righe la parola CURIOSITÀ. Se saprai sempre ricercare con passione il senso delle cose che accadono, la fede potrà essere per te la risposta migliore e se non sarà così spero ti rimanga sempre dentro la voglia di continuare a cercare e che tu possa trovare una risposta!

L'arte di insegnare consiste tutta e soltanto nell'arte di destare la naturale curiosità delle giovani menti, con l'intento di soddisfarla in seguito. Per digerire il sapere, bisogna averlo divorato con appetito.

Anatole France, Il delitto di Sylvestre Bonnard, 1881

martedì 15 gennaio 2013

"LA VOCE"




New York New York


Start spreading the news, I’m leaving today
I want to be a part of it New York, New York.
These vagabond shoes are longing to stray
and step around the heart of it New York, New York
I wanna wake up in that city, that doesn’t sleep,
to find I’m king of the hill top of the heap.
My little town blues, are melting away
I’ll make a brand new start of it – in old New York
if I can make it there, I’d make it anywhere
it’s up to you – New York, New York

I wanna wake up, in that city that doesn’t sleep,
to find I’m king of the hill, head of the list
cream of the crop at the top of the list
My little town blues are melting away
I’ll make a brand new start of it, in old New York
if I can make it there, I’d make it anywhere
it’s up to you, New York New York 



Ciao Maggie,
         uso spesso titoli in inglese per i post, senza un motivo particolare. Forse perché molte delle canzoni che mi piacciono sono in quella lingua, forse perché il mondo americano mi affascina o forse perché è una lingua che -  purtroppo – conosco poco (infatti storpio tutte le canzoni che canto…) e che vorrei invece tu parlassi come la tua prima lingua. Stavolta ho fatto “appositamente” il contrario. Avrei dovuto scrivere “The Voice” invece ho scelto l’italiano. All’”italianità” di Sinatra si deve infatti, secondo alcuni, la dote di cui ti parlerò tra poco.
         Non porrei particolare attenzione al testo, anche perché Sinatra non era autore delle sue canzoni. Ero indeciso tra questa e "My way", ma ha prevalso il mio amore per la Grande Mela.
         Nello sterminato panorama musicale passato e soprattutto presente ci sono artisti di cui (fortunatamente!) non sentirai più parlare quando sarai grande. Almeno spero. Ma questa voce inconfondibile, questi temi immortali, sono sicuro che, anche se non saranno il tuo genere preferito, faranno ancora parte del sottofondo sonoro della tua esistenza.
         Ma il motivo vero per cui ho scelto questa canzone è l’occasione di affrontare la questione fondamentale se sia più importante il talento o l’esercizio. Tutto nasce dal fatto che una trasmissione radiofonica su Sinatra di qualche settimana fa sottolineava come si potrebbe facilmente dire: “beh, con una voce così…tutto è più facile”. Invece oltre all’indubbio talento naturale, il giovane Frank era letteralmente ossessionato dall’esercizio della sua voce tanto da cantare con la testa immersa nella vasca da bagno per esercitare il fiato e i polmoni. Non è una questione di poco conto e le domande che nascono sono diverse e tutte fondamentali: basta il solo talento, l’allenamento e la costanza possono sopperire alla mancanza di doti naturali?
         Se ne parla spesso, soprattutto nello sport, dove il talento, l’estro sono doti fondamentali ma ci sono stati campioni che hanno raggiunto livelli di eccellenza e traguardi ambiziosi anche con la costanza, la tenacia e il duro allenamento, senza essere particolarmente dotati di talento. E di tanti altri con doti sopraffine si è invece detto: “se avesse avuto anche testa e costanza di allenamento…”.
         Nel campo sportivo, ma vorrei dire anche in ogni altro aspetto della vita, per conto mio tenderei a mettere in primo piano il talento: non si diventa Julius Erving, Roger Federer, o Pelè solo allenandosi duramente. E continueremo a dire: “se Maradona si fosse allenato di più…” Ma lui è stato Maradona!
         Però “The voice” aveva sì un talento naturale per il canto, ma la nota tenuta così a lungo e l’armonia del tono che fa sembrare facile anche il difficile sono frutto soprattutto della sua dedizione maniacale per l’allenamento della voce. Anche Bruce – ovviamente – avrebbe molto da dire sul mix talento-forza di volontà.
         Ecco quindi un altro augurio per il tuo futuro: che tu sappia individuare il TUO TALENTO (perché ognuno di noi ne riceve uno in dono) ma anche che tu abbia la volontà e la tenacia di saperlo “sfruttare” al meglio!
Il talento toglie significato all'idea stessa di esercizio; quando si trova qualcosa per il quale si ha talento vero, la si fa (qualunque cosa sia) fino a farsi sanguinare le dita o cascare gli occhi dalla testa.
Stephen King, On Writing, 2000

martedì 8 gennaio 2013

GROWIN'UP (DICEMBRE)




Ciao Maggie,
         inizio il diario di dicembre con una foto di… Novembre, perché le compagne di università di tua mamma ci hanno fatto avere le foto dell’ultimo “raduno” solo pochi giorni fa. 
         L’ultimo mese del 2012 è stato piuttosto noioso fino alle feste di Natale. Tuo papà l’ha passato per la maggior parte in negozio a vendere (fortunatamente tanti) libri, ma soprattutto "Kobo". Chissà se esisteranno ancora quando leggerai o quali altre diavolerie avranno inventato… Io comunque “tiferò” sempre per il caro vecchio libro e sono molto contento che a te piacciano tanto, per ora!


         Poi come testimoniano le foto, il finale del mese è stato scoppiettante: visite, pranzi, cene, regali scartati…


         L’emozione più forte però è stata senz’altro l’arrivo prima della banda e poi di Babbo Natale a casa di nonna Marilena, vissuta insieme ai tuoi cuginetti Filippo e Nicolò!


martedì 1 gennaio 2013

"BUM!"





“Every years is getting shorter, never seem to find the time

Plans that either come to naught or half page of scribbled…”

 

Ciao Maggie,

         oggi è il primo giorno del 2013. “Ultimo dell’anno”, “capodanno” sono nomi che per me non hanno mai avuto molto significato; pure “convenzioni” temporali. Ed io ho trascorso spesso (e volentieri) dormendo la mezzanotte, appena disturbato, grazie al mio sonno pesante, da una delle ritualità più inutili che esistano: i “botti”. Come buttare decine di euro per sentire “bum!”. Sarebbe ridicolo se, purtroppo, troppe volte non fosse tragico.

          Certo, invece, il tempo che scorre inesorabilmente e la necessità di riempirlo di significato, di non sprecarlo sono dati di fatto che danno da pensare. Ti lascio allora con questo breve pensiero di Seneca come augurio per un buon 2013:

 

Agli uomini non importa

quanto nobilmente vivano,

ma solo quanto a lungo,

benché

sia nelle possibilità

di tutti

il vivere nobilmente

e invece

nelle possibilità

di nessuno

l’allungare

la propria vita.